Il lavoro manuale e lo studio

 

Il monastero, nel concetto di San Benedetto, è prima di tutto la “Scuola del Divin Servizio”, il luogo cioè dove Dio è il primo cercato, il primo servito, amato, pregato e cantato nelle Lodi quotidiane. Il resto è subordinato e finalizzato a questa meta.

Però il monastero per il Santo è anche una “officina” in cui le monache esercitano per sei ore al giorno varie attività: nell’orto, in cucina, in portineria, in infermeria, in biblioteca, in sagrestia per ben custodire gli arredi e le suppellettili sacre, la preparazione delle ostie, la confezione e restauro di vesti sacre e la cura della biancheria alle diverse parrocchie, in qualche “arte” particolare di ricamo, pittura, pergamene, musica, canto. Fra canto e preghiera esiste uno stretto influsso reciproco. Per tale motivo in S.Grata il canto gregoriano gode il posto d’onore che gli spetta. E’ d’obbligo ricordare anche l’impegno non meno gravoso dell’aggiornamento dell’archivio storico, onde poter evadere le continue richieste da parte di studiosi, scolaresche, turisti. Possiamo pertanto ribadire che è dovere morale e di giustizia pure per le monache guadagnarsi il pane giorno per giorno, “le monache sono vere monache quando vivono del lavoro delle loro mani”. Un’altra motivazione che sostiene il lavoro monastico è la carità, nel senso più ampio e completo di amore, servizio, disposizione e comprensione verso le Sorelle inferme (lo stesso San Benedetto fu un abile medico e dispose nella sua Regola che tutti i monasteri dell’Ordine da lui fondato fossero dotati di un ospedale “… infirmorum cura … super omnia adhibenda est”); verso i poveri che non mancano mai di sostare in parlatorio in attesa che la “ruota” passi loro del cibo; verso tutti coloro che ricorrono a questo luogo di pace in quanto bisognosi di speranza e conforto. Al di là della grata, che è un segno necessario di separazione, ognuno può trovare una interlocutrice inattesa.

Naturalmente accanto a queste attività soggette a regolare rotazione, vi sono uffici e incombenze più stabili per l’organizzazione generale del monastero, cui fa capo l’Abbadessa (autorità indiscussa alla quale le monache giurano obbedienza), che è coadiuvata dalla Priora nell’edificazione della comunità; vi sono poi tre Consigliere per risolvere i più importanti problemi; l’Economa, cui è affidata la parte amministrativa dei beni del monastero; la Maestra delle Novizie, responsabile della formazione delle candidate, che con criterio di valutazione deve osservare soprattutto se veramente la giovane cerca il Signore.

Il monastero, perciò, appare come un’oasi di raccoglimento e di operosità e non certamente come un rifugio per l’ozio, “nemico dell’anima”. Anzi, dalle 4,30 di ogni mattina (estate e inverno) fino alle 21 di sera, vi è un continuo ed ordinato alternarsi di preghiera e di lavoro fra loro complementari: “Laborare est Orare”.

Nella “Casa di Dio” nessuna si sente inutile e nessuna è triste.-

Pensiero di una monaca:

“L’intera giornata mira a diventare una prolungata preghiera, in cui le monache rimangono unite a Dio attraverso tutte le loro occupazioni: questo è il vero scopo della vita monastica in osservanza del nostro motto, “Ora et Labora”.

btt