27 ottobre 2018, ore 17:00
«Il monastero di Santa Grata e il papato»
Agostino Paravicini Bagliani

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L’ECO DI BERGAMO

SABATO 27 OTTOBRE 2018

S. Grata: una storia millenaria di fede.

Intervista ad Agostino Paravicini Bagliani. Oggi, alle 17, nella chiesa di via Arena, lo storico presenta le sue ricerche sul monastero benedettino

Avrà per tema «Il monastero di Santa Grata e il papato» la conferenza che lo storico Agostino Paravicini Bagliani terrà oggi alle 17 a Bergamo Alta, nella chiesa di via Arena. L’incontro rientra in un denso programma di celebrazioni per il bicentenario del «ripristino» – avvenuto l’8 dicembre 1817 del monastero femminile benedettino di Santa Grata in Columnellis, che precedentemente era stato vittima delle soppressioni napoleoniche. Nato a Bergamo nel 1943, Paravicini Bagliani ha insegnato a lungo Storia medievale in Svizzera, all’Università di Losanna, ed è presidente della SISMEL, la Società internazionale per lo studio del medioevo latino. «Nelle ricerche che ho condotto in vista di questa conferenza – egli spiega -, ho potuto avvalermi del lavoro della studiosa Mariarosa Cortesi, che ha compilato un accurato inventario dell’archivio monastico. I documenti papali coprono un arco di tempo quasi millenario, dall’XI al XXI secolo, con una sola lunga interruzione relativa al Seicento. In età medievale prevalgono quelli che nella scienza diplomatistica si definiscono “privilegi”, atti ufficiali con cui si garantisce protezione al monastero e ai suoi possedimenti. Si definiscono anche alcuni diritti delle monache nei riguardi dei vescovi di Bergamo».

In età medievale il monastero di Santa Grata intratteneva, per così dire, dei rapporti «dialettici» con l’episcopato? «Sì, all’insegna di un’ampia autonomia: indubbiamente venivano riconosciute alcune prerogative del vescovo, che però sembrano avere avuto soprattutto un carattere formale, come la facoltà di consacrare le monache e la badessa. Le cose cambiarono nella seconda metà del Cinquecento, dopo il Concilio di Trento: anche per effetto della riforma della Chiesa avviata nel Nord Italia da Carlo Borromeo, i vescovi di Bergamo incominciarono a esercitare un controllo più stretto sull’andamento della vita claustrale in Santa Grata: le monache peraltro mantennero alcuni privilegi, come la possibilità di scegliersi il confessore. Nel Settecento, infine, iniziò una terza fase nei rapporti tra i Papi e il monastero: a livello documentario troviamo prevalentemente delle concessioni di indulgenze per chi avesse visitato la chiesa di Santa Grata, cosa che – al di là del significato spirituale – poteva costituire una fonte di mantenimento economico per le monache, grazie alle offerte dei pellegrini».

Nei documenti che lei ha esaminato, ha riscontrato delle «particolarità»? «Sì, per esempio nel documento più antico in assoluto, che solleva una serie di interrogativi. Apparentemente risale al giugno del 1051 e sarebbe stato redatto in Laterano per volontà di Leone IX. Tuttavia già Mario Lupo, nel Settecento, aveva affermato che si trattava di un documento falso, dato che le formule usate nel testo non corrispondono a quelle tipiche della cancelleria papale verso la metà dell’XI secolo. Occorre però riflettere sul reale significato del ricorso ai “falsi” nel medioevo: spesso, ci si sentiva autorizzati a redigere in proprio un testo e ad attribuirlo a un Papa, o a un altro personaggio autorevole, perché si riteneva in tal modo di interpretare fedelmente quanto egli aveva detto in precedenza su una particolare questione».

Andare ad Aquisgrana o a Roma allo scopo di chiedere all’imperatore o al Papa una conferma per iscritto sarebbe stato difficile e troppo costoso? «Evidentemente. Ora, nel documento in questione si riporta che nel 1051 sarebbero stati presenti in Laterano i vescovi di Bergamo Ambrogio II e di Brescia Olderico I: effettivamente, non in giugno ma nell’aprile di quell’anno a Roma si tenne un sinodo episcopale. È verosimile, insomma, che in tale occasione Leone IX avesse preso delle decisioni in merito al monastero di Santa Grata, che di queste fosse giunta notizia a Bergamo e che successivamente qualcuno avesse voluto “ufficializzarle”, seppure con qualche errore di cronologia, in un documento scritto».

GIULIO BROTTI

L’ECO DI BERGAMO

LUNEDÌ 29 OTTOBRE 2018

Era il Papa a difendere le decisioni delle monache

Santa Grata. Lo studioso Paravicini Bagliani: «Godevano di prerogative abbastanza singolari nel medioevo»

Nell’arco di quasi mille anni, il monastero di Santa Grata intrattenne rapporti diretti con numerosi Pontefici, ricevendo da essi dei «privilegi» o dei certificati di indulgenza per i pellegrini che l’avessero visitato. Proprio queste relazioni con il Papato hanno costituito il tema della conferenza che lo studioso bergamasco Agostino Paravicini Bagliani, per molti anni docente di Storia medievale all’Università di Losanna, ha tenuto sabato pomeriggio in Città Alta, nella chiesa di via Arena; l’incontro rientrava in un programma di celebrazioni per il bicentenario del «ripristino» – avvenuto nel dicembre del 1817 – del Monastero di Santa Grata in Columnellis, che precedentemente era stato vittima delle soppressioni napoleoniche. «I documenti dell’archivio monastico – ha detto il relatore – attestano una serie di provvedimenti papali che vanno probabilmente dall’ XI secolo, e con assoluta certezza dal XII, al 1901. Riscontriamo delle ampie lacune documentali solo per il Trecento, verosimilmente a causa del trasferimento della  curia papale ad Avignone, e per il Seicento.

Da molto tempo si è dimostrato che il documento papale più antico in assoluto- un « privilegio» con cui nel 1501 leone IX avrebbe posto sotto la propria egida alcuni possedimenti di Santa Grata- è un falso.«Occorre tuttavia intendersi sul significato del ricorso a particolari falsi nel medioevo- ha osservato Paravicini Bagliani-, in un’epoca in cui sarebbe stato estremamente difficile e costoso ottenere da un Papa la conferma per iscritto di decisioni comunicate oralmente. Nell’aprile dell’anno 1051 i vescovi di Bergamo e di Brescia con ogni probabilità presero parte a un sinodo che si tenne in Laterano, sotto  la guida di Leone IX. Non è inverosimile che in quella circostanza egli avesse effettivamente deliberato la concessione di un privilegio a Santa Grata: il relativo documento, pur essendo formalmente falso, potrebbe insomma riportare un contenuto autentico». In ogni caso, nel corso del medioevo il monastero andò assumendo uno status assai particolare: «Le benedettine di Santa Grata – ha aggiunto Paravicini Bagliani – potevano scegliere il proprio confessore e autorizzare la sepoltura di persone estranee alla comunità all’interno del complesso monastico, fatto abbastanza singolare».

GIULIO BROTTI

 

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