20 ottobre 2018, ore 17:00
«Papa Giovanni XXIII e il monastero di Santa Grata»
don Ezio Bolis

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L’ECO DI BERGAMO

VENERDÌ 19 OTTOBRE 2018

Mons. Roncalli, un carteggio con le monache di S. Grata

 Don Ezio Bolis domani alle 17 in via Arena. Un innario trovato dal nunzio donato a Bergamo

Il 18 agosto 1935, da Istanbul, l’allora delegato apostolico in Turchia e Grecia Angelo Giuseppe Roncalli mandò una lettera alla madre badessa di Santa Grata. In riferimento alla plurisecolare presenza delle monache benedettine a Bergamo Alta, egli scriveva: «Voi esprimete la perennità della tradizione ecclesiastica nostra. Il vostro Pax da secoli splende tranquillo sul mite colle dove svettano i noti e radi cipressi, come a dire che là veramente l’anima si riposa e che non v’è altro riposo sulla terra che in Dio, e che la nostra povera vita non può aver altro ideale che di cercare e di meritare questo riposo». Avrà per titolo «Papa Giovanni XXIII e il monastero di Santa Grata» la conferenza che don Ezio Bolis terrà domani alle 17 nella chiesa di via Arena, 24. L’incontro rientra in un programma di celebrazioni per il bicentenario del «ripristino» di Santa Grata in Columnellis, avvenuto nel 1817, dopo che il monastero era stato vittima delle soppressioni dell’età napoleonica. Dal 2010 don Bolis dirige la Fondazione Papa Giovanni XXIII: «Nella mia relazione – spiega -, partirò da alcuni appunti del giovane prete Roncalli relativi a una visita pastorale alle monache benedettine compiuta nel 1905 dal vescovo Radini Tedeschi, di cui egli era segretario. Da queste annotazioni emerge soprattutto una venerazione, di stampo assai tradizionale, per santa Grata e le sue reliquie.

Prenderò poi in esame altri testi, redatti quando Roncalli aveva ormai lasciato Bergamo. Nella lettera da Istanbul del 1935, al di là dei ricordi relativi alla sua frequentazione di Santa Grata, si trova una considerazione interessante: egli osservava come il processo di laicizzazione avviato in Turchia da Mustafa Kemal Atatürk avesse avuto ricadute su tutti gli ordini religiosi, colpiti da pesanti misure restrittive, eccetto che quelli claustrali». «In un periodo ancora successivo – continua don Bolis -, Roncalli è nunzio apostolico a Parigi: qui, presso un antiquario, ritrova un prezioso innario miniato del XIV secolo che le suore di Santa Grata precedentemente avevano venduto per ripianare dei debiti. Roncalli lo ricompra al prezzo di 300mila franchi, raccolti grazie ad alcuni benefattori, e lo rimanda poi al vescovo di Bergamo». Quale influsso esercitò il modello monastico benedettino sulla spiritualità personale del futuro Pontefice? «Non mi spingerei a dire – risponde don Bolis – che la spiritualità di Roncalli avesse una spiccata impronta benedettina, secondo il motto ora et labora: nei suoi diari, egli riferisce di quanto gli costasse fatica accordare i ritmi di lavoro con la preghiera. Certamente, però, avvertiva il fascino della vita monastica e la frequentazione di diversi monasteri benedettini, come l’abbazia francese di Solesmes, lo aiutò a gustare sempre più le preghiere condotte sui testi biblici, a partire dalla recitazione dei Salmi».

GIULIO BROTTI

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