9 giugno 2018, ore 17:000
«La Regola e il mondo», Pierantonio Piatti
«Ora et labora: contemplazione e scrittura al femminile», Emore Paoli

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L’ECO DI BERGAMO

GIOVEDÌ 7 GIUGNO 2018

La Regola di San Benedetto «L’ozio è nemico dell’anima»

Sabato conferenza nella chiesa di Santa Grata nel bicentenario del ripristino del monastero. Si parlerà anche della scrittura delle monache

«L’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci devono dedicarsi al lavoro in determinate ore e in altre, pure prestabilite, allo studio della parola di Dio». Sarà dedicata alla Regola di san Benedetto e alla pratica della scrittura nei monasteri femminili, in età medievale, la conferenza a due voci che si terrà sabato alle 17 nella chiesa di Santa Grata, in via Arena, a Bergamo Alta; l’incontro rientrerà in una serie di eventi promossi per celebrare il bicentenario del «ripristino» di Santa Grata in Columnellis, avvenuto nel 1817, dopo che il monastero era stato vittima delle soppressioni napoleoniche.
Sabato la prima relazione (sul tema «La Regola e il mondo») sarà tenuta da Pierantonio Piatti, officiale del Pontificio Comitato di Scienze Storiche che ha sede nella Città del Vaticano. «La “Regula Benedicti” – afferma Piatti – si presenta sin dalla sua prima diffusione come uno strumento per la contemplazione, che però non esclude un rapporto attivo con il mondo. Al contrario: secondo la spiritualità benedettina, l’uomo è chiamato a collaborare con Dio in un’opera di ricreazione delle realtà sensibili. La dimensione ‘ascetica’, in questo caso, si esplica nello sforzo di ordinare a Dio ogni momento e attività della vita quotidiana. L’ascesi ha, qui, un carattere prevalentemente positivo: la prescrizione del silenzio, per esempio, mira a creare uno spazio interiore in cui possa risuonare la Parola per eccellenza, quella di Dio, attraverso la meditazione della Sacra Scrittura, la “lectio divina” e la preghiera del cuore».

Di solito, come cifra riassuntiva della spiritualità benedettina, si cita il motto «ora et labora», che tuttavia «è stato probabilmente coniato nel XIX secolo in area germanica – osserva Piatti -, ed è anche un po’ angusto, rispetto al senso complessivo della forma di vita proposta da Benedetto da Norcia. La Regola è per il mondo, nel mondo e con il mondo in quanto attualizzazione della scommessa evangelica: occorre leggere nel volto dell’uomo i tratti dell’immagine di Dio, per fare nuove tutte le cose».

Emore Paoli, docente di Letteratura latina medievale all’Università di Roma «Tor Vergata», parlerà invece di «contemplazione e scrittura al femminile» negli ambienti monastici: «Noi oggi – spiega Paoli – tendiamo a pensare che l’esercizio della scrittura fosse appannaggio del monachesimo maschile. In realtà, nella Regola di Benedetto non si fa obbligo ai monaci di imparare a leggere e a scrivere, mentre Cesario di Arles, nella sua “Regola per le vergini” – ossia per le monache – menziona esplicitamente questo punto. Verso la metà del secolo scorso uno studioso tedesco, Bernhard Bischoff, ha scoperto che diversi manoscritti conservati a Colonia erano stati redatti da monache che poi avevano anche firmato questi testi. Non possiamo ovviamente generalizzare, fino a ritenere che in tutti i monasteri femminili si copiassero codici o si scrivessero libri, ma questa pratica doveva comunque avere una diffusione significativa». Nelle sua relazione Paoli prenderà tra l’altro in esame il caso di Ildegarde di Bingen (1098-1179), «in cui la scrittura è strettamente legata alla contemplazione, dal momento che lei, scrivendo, riferisce i contenuti delle sue visioni mistiche. I testi di Ildegarde tendono quindi ad acquisire un valore “profetico”, mettendosi al servizio di una riforma morale e spirituale della Chiesa».

GIULIO BROTTI

 

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